Patè di fegatini
La ricetta di oggi è un vero classico della tradizione: il paté di fegatini di pollo, da spalmare sui crostini di pane, è un antipasto immancabile in ogni tavola (toscana!) delle grandi occasioni che sia degna di questo nome.
Che fosse Natale, Pasqua o un qualsiasi pranzo della domenica fin da piccola sono stata abituata a vedere in tavola questo paté: a volte spalmato su crostini di pane tostato, altre ancora addirittura su fettine di pane fritte – si vede che all’epoca la guerra ai grassi saturi non era ancora una battaglia senza quartiere come adesso, e non ci si spaventava di fronte a qualche caloria in più…vi assicuro che venivano davvero serviti i crostini con il pane fritto come base (quanto fossero golosi ve lo lascio solo immaginare)!
Nonostante si tratti di una ricetta tradizionale mi sono accorta che non è affatto scontata: in giro per il web ho visto diverse versioni (tra cui alcune con l’uso del vin santo che mi sono ripromessa di sperimentare) e ho deciso quindi di lasciarvi la mia: in effetti è un po’ come con il ragout di carne… che sia un classico è indiscutibile, ma non ne esiste uno identico all’altro, ogni casa ha il suo, diverso dagli altri in tante piccole sfumature.Frittelle di riso
Se c’è una cosa che non mi faccio mai mancare per Carnevale sono i tradizionali dolcetti fritti: cenci (dalle mie parti li chiamiamo così, sono conosciuti anche come chiacchiere o frappe) e frittelle di riso.
Questa è solo una delle mille ricette possibili, ma è quella che preparo ogni anno e generalmente accontenta tutti! E’ facile da preparare, basta utilizzare il tipo di riso giusto, ovvero quello originario, da minestre, e far riposare il composto prima di passare alla frittura. Io solitamente preparo l’impasto il giorno prima e lo conservo in frigo: il giorno successivo basterà un tuffo nell’olio bollente ed ecco servite delle frittelline gustose e dolci al punto giusto!Torta (dolce!) alle verdure
Quando ero bambina la tradizione voleva che il venerdì successivo alla Pasqua si preparassero le torte per festeggiare una ricorrenza che esisteva solo nel nostro paese, anzi, diciamo pure nel nostro gruppo di case: i miei nonni, che mai durante l’anno avrebbero nemmeno pensato di preparare un dolce, sfornavano in un giorno solo cinque o sei torte da consumare con i vicini e i parenti la domenica successiva. Io rimanevo a casa da scuola e passavo la mattina a guardarli impastare, stendere la pasta, preparare le farciture, assaggiavo qualsiasi cosa e rimanevo incantata dagli odori, dai pentoloni di crema al cioccolato sul fuoco, dalle mani grandi di mio nonno che incredibilmente, solo una volta all’anno, impastavano frolla.
Generalmente venivano preparate torte al cioccolato, al riso e alle verdure: sì, una torta dolce farcita con bietola, formaggio grattugiato e spezie – che a dispetto di quello che si potrebbe pensare è stata la mia preferita da sempre, anche quando ero una bambina!
Negli anni la tradizione è andata scomparendo, così come la ricetta di quelle torte: sparita, non si trovava più. Né nella memoria ormai stanca dei nonni, né su un qualsiasi foglio di carta rimasto in fondo a un cassetto. Solo un paio di anni fa, sgomberando la vecchia soffitta, è saltato fuori il foglietto che vedete poco più sotto: una pagina di agenda strappata scritta a mano da mio nonno… le dosi erano approssimative, i tempi di cottura non indicati, ma era comunque una traccia da seguire per provare a replicare quella torta così particolare, per me davvero unica.Quattro Pastiere
Mai fatta la pastiera prima di quest’anno, ma quando mi viene in mente di perfezionare la realizzazione di un dolce sono piuttosto ostinata. Infatti ad oggi sono (quasi) a quota quattro.
La prima che ho preparato (un paio di settimane fa) ha fatto storcere il naso a più di un commensale perché aveva un odore strano, poi rivelatosi quello dell’ammoniaca, che credo non userò più per dolci ‘umidi’ ma solo per preparare biscotti croccanti, in cui non lascia cattivi odori, riuscendo a evaporare bene in cottura. In più avevo usato lo strutto al posto del burro, ma a dire il vero il gusto non mi aveva fatto impazzire, oltre al fatto che la frolla era risultata delicatissima da lavorare e al momento di fare le strisce ho dovuto penare un bel po’.
Il secondo step quindi è stato mettere a punto una ricetta che non prevedesse né strutto né ammoniaca, che abbinasse le giuste dosi di grano, ricotta e uova a una frolla della giusta elasticità e consistenza.
Avevo due ‘ruoti’ da riempire, uno di 24 e uno di 28 (parlo della parte alta del bordo).
Quindi, calcolatrice alla mano, sono partita da questa ricetta per quanto riguarda il ripieno, e per la frolla mi sono basata invece sulla classica frolla Milano: farina 1, zucchero 1/2, burro 1/2, uova 1/10 della somma del peso di burro, zucchero e farina, lievito 1/10 della farina (sembra complicato ma non lo è, fidatevi).
Ingredienti:*
* come già detto, queste dosi mi sono bastate per uno stampo da 24 + uno da 28. Considerando che mi è avanzata un po’ di frolla e che il ripieno era parecchio abbondante, potete tranquillamente dimezzarle per ottenere la dose giusta per il solo stampo grande.Per la frolla:
700 gr farina
350 gr zucchero
350 gr burro
1 pizzico di sale
scorza di limone
7 gr lievito per dolci
140 gr uova
(a me ne sono bastati 120, ovvero 2 uova intere)Per il ripieno:
625 gr grano cotto
310 gr di latte
60 gr burro
625 gr ricotta
625 gr zucchero
ancora scorza di limone
5 uova
5 tuorli
100 gr scorzette di arancia candite
2 cucchiai di aroma di fiori d’arancioPrimo round:
Dispongo le polveri per la frolla a fontana, aggiungo il burro freddo a dadini, lavoro con la punta delle dita fino a ridurre il tutto ad una consistenza sabbiosa, aggiungo scorza di limone grattugiata e uova, impasto, avvolgo in pellicola e metto in frigo.
Metto sul fuoco un pentolino con il latte, il grano cotto, due bei pezzi di scorza di limone e i 60 gr di burro, faccio sobbollire mescolando di tanto in tanto, finché non ottengo una crema (circa un quarto d’ora/venti minuti). A questo punto tolgo la scorza di limone, unisco le scorzette di arancia candite e frullo un po’ con il mixer a immersione – confesso, l’ho fatto per occultare i canditi che non tutti apprezzano, anche se poi si tratta solo un pregiudizio, perchè il sapore è piaciuto a tutti, ma si sa, occhio non vede… cuore non duole;)
Lascio da parte la crema ottenuta, così che possa raffreddarsi.
In frigo, metto la ricotta in un colino perché perda l’acqua in eccesso.Secondo round:
Dopo qualche ora (ma anche il giorno dopo va bene) stendo la frolla non troppo sottile e la dispongo nella teglia imburrata coprendo bene anche i bordi, poi bucherello con la forchetta.
Lavoro la ricotta con lo zucchero, aggiungo i rossi d’uovo, lavoro ancora, unisco la crema di grano cotto, l’aroma di fiori d’arancio, gli albumi montati a neve.
Metto il ripieno sulla base di frolla e decoro con le tipiche strisce lasciate un po’ massicce perché reggano la lunga cottura senza sbruciacchiarsi.Terzo round:
Il più difficile: la cottura.
Per la grande ho infornato sul piano basso del forno a 175° con la sola resistenza di sotto accesa. Dopo mezz’ora ho spostato la torta sul piano intermedio, ho acceso anche la resistenza di sopra e ho proseguito per 30′ a 175° + altri 30′ a 160°. Fin qui tutto bene.
La piccola mi ha fregata invece: le ho dato dieci minuti di cottura in meno e al momento di toglierla dallo stampo non essendo perfettamente cotta e ancora umidiccia è rimasta in parte attaccata. Quindi i tempi sopra indicati sono validi comunque, anche per lo stampo di 24. Ho imparato che la pastiera deve proprio asciugarsi lentamente. Si gonfia un sacco quando inizia ad arrivarle il calore anche da sopra e poi piano piano, una volta sfornata, si siede. Ecco perché le strisce devono essere lunghe fino al bordo e anche piuttosto spesse, per resistere all’espandersi dell’impasto in cottura.Con una pastiera di prova fatta un paio di settimane fa, una portata fuori, una buona ma non molto presentabile, ho giusto la scusa buona per impastarne una quarta tra stasera e domattina. Penso che ridurrò un pochino la dose di zucchero dato che risulta davvero molto dolce – così tanto zucchero serviva come conservante in quanto si era soliti preparare le pastiere con largo anticipo e lasciarle riposare, ovviamente fuori frigo; ma a questo punto non credo di rischiare molto visto che Pasqua è tra due giorni! Ora che la conosco un po’ meglio- ormai siamo diventate amiche – spero proprio che quella di domani sarà la pastiera perfetta per il pranzo pasquale… quindi torno ad impastare e faccio tanti, tanti auguri a tutti! 😉