Torta al cioccolato e barbabietola – Re-cake #13
Della serie meglio tardi che mai, finalmente riesco a pubblicare la ricetta proposta dal team Re-cake per il mese di aprile: una torta dall’impasto a base di cacao e barbabietola, farcita di crema al burro e glassata al cioccolato… insomma, una vera bomba di calorie e di golosità! Ogni tanto ci vuole anche lo strappo alla regola, e questa torta lo rappresenta alla perfezione: ricca, sontuosa e burrosa, è ideale da condividere in un dopo pranzo o una festa tra amici (traduco: non tenetevela in casa tutta per voi o rischierete di abusarne!).
Il sapore della barbabietola in realtà non si percepisce, ma il suo utilizzo regala alla torta una consistenza molto particolare, umida e fondente.
Per rendere più bello e colorato il mio dolce ho scelto di decorarlo con fragole fresche: questa scelta, dettata da ragioni puramente estetiche, in realtà si è rivelata vincente anche in fatto di gusto, tanto che la prossima volta voglio seguire il consiglio dei miei preziosi, fidati assaggiatori e inserire uno strato di fragole anche all’interno del dolce per dare quel tocco di freschezza in più, ideale per smorzare un po’ il gusto pieno della torta al cacao e della crema al burro.Biscotti vegani con farina di kamut
Questa è la seconda ricetta di cui mi innamoro nell’arco di pochissimo tempo: dopo la torta dello scorso post mi è capitato di fare la conoscenza di questi biscottini vegani e restarne folgorata!
Non sono un’adepta della tribù del ‘senza a tutti i costi’, non sono neanche vegetariana, figuriamoci vegana… però mi preme sottolineare che questi deliziosi bocconcini sono privi di burro e di uova perché ciò significa poterseli concedere un po’ più a cuor leggero. Questo vale non solo per chi è intollerante a latticini e uova, ma anche per chi, come me, è alla continua ricerca di dolcetti golosi che siano anche salutari, da poter consumare senza compromettere il buon proposito di seguire un’alimentazione quotidiana ben bilanciata.
Questi biscotti sono preparati con farina di Kamut, che non avevo mai utilizzato prima.
E’ un prodotto molto costoso – il prezzo è più del quadruplo rispetto alla normale farina 00.
La parola ‘Kamut’ indica un marchio registrato da un’azienda americana che coltiva un tipo di grano, il Khorasan, originario del medio Oriente e in particolare dell’Iran, con procedure certificate, senza ibridazioni né manipolazioni genetiche, secondo i dettami dell’agricoltura biologica, per preservare i valori nutritivi del cereale.
Questo dovrebbe rendere la farina di marchio Kamut più salutare, ricca di sali minerali e vitamine.Cantucci mandorle e cioccolato… con la giusta consistenza!
Come vi dicevo in questo post, i cantucci sono un tipo di biscotto che preparo molto spesso: sono veloci da fare, si mantengono per diversi giorni e accontentano i gusti di tutti.
Ne ho sperimentate varie versioni e nonostante sia sempre rimasta soddisfatta a livello di gusto, fino a ieri non ero ancora riuscita a trovare il cantuccino dalla trama perfetta: inevitabilmente i miei uscivano troppo duri, troppo secchi, e se provavo a diminuire i tempi di cottura restavano leggermente gommosi all’interno.
Tutto questo finché, finalmente, ho capito il segreto per ottenere il cantuccio perfetto, quello dalla consistenza croccante ma friabile, bello tosto al morso ma non spacca-denti, con la grana sottile e asciutta, capace di impregnarsi al massimo se lo inzuppi nel vin santo restando però compatto, senza che un pezzo di biscotto cada miseramente nel bicchiere: la seconda cottura, quella era sempre stata il mio punto debole!
Solitamente cuocevo i cantucci a 180° per una ventina di minuti più altri 10/15 dopo averli tagliati; ieri mattina invece, grazie al mio librone del Cucchiaio d’Argento, ho scoperto e testato un metodo di cottura diverso: i primi venti minuti ho infornato a 200° e poi ho proseguito la cottura a una temperatura molto più bassa – 125°- per tre quarti d’ora.
Forse per molti sarà scontato, ma per me si è accesa la lucina: ho finalmente capito per quale motivo i miei cantucci passavano da gommosi a secchi senza trovare mai la giusta consistenza: in pratica la seconda cottura non serve propriamente a cuocere di nuovo il biscotto, piuttosto ad asciugarlo completamente, in modo lento e delicato, senza indurirlo troppo.Spelt beer’n chocolate cake
Per spiegarvi come è nata questa torta devo fare una premessa: negli ultimi mesi il mio ragazzo e un gruppo di amici hanno messo su un piccolo birrificio artigianale. Io di birra ne so poco o niente, ma, come accade in cucina, resto sempre affascinata dalla trasformazione di una materia prima in un prodotto finito. Malti, grani, acqua, zucchero che si trasformano in un bel bicchiere di birra ambrata sono confortanti quanto la certezza che uova, farina, burro e zucchero possano diventare una torta soffice e golosa.Unendo le due cose, mi sono messa all’opera per trovare una ricetta che prevedesse l’utilizzo della birra in una torta e volendo andare sul sicuro mi sono affidata a Sigrid e al suo Cavoletto.
Rispetto alla ricetta originale ho sostituito la guinness con una birra al farro a kilometro zero (o meglio tre, tanto dista il birrificio da casa mia!) e ho aromatizzato il frosting con un cucchiaio di vin santo, che ha dato un tono più nostrano al dolce e rafforzato il retrogusto alcolico nel suo insieme.
La torta che vedete in foto l’ho preparata per i miei mastri birrai e ce la siamo divorata tutta in una pausa tra le varie fasi della birrificazione. Credo che il suo successo sia dovuto in buona parte al fatto che è una torta dal gusto maschile, dal temperamento forte e dalla consistenza sostanziosa.
La pasta è nerissima, profuma di terra e di grano, e la glassa bianca, dolce ma con un tocco pungente dato dal vin santo.
Se la preparerete, vi godrete in casa un ottimo odore: l’incrocio tra quello del pane appena sfornato (per via dei lieviti presenti nella birra, credo) e quello di una torta al cioccolato (perché qui di cacao ce n’è, e in dosi massicce).
Ah, ed è anche facile e veloce da fare! Che dite, vi ho convinto?Ingredienti
(per una teglia di diametro 20 cm)
per la torta:
330 ml birra (per me artigianale al farro)
290 gr zucchero di canna
185 gr burro morbido, a temperatura ambiente
185 gr farina 00
200 gr di uova intere
80 gr di cacao amaro
2 cucchiaini rasi di bicarbonato
1 cucchiaino di lievito per dolci
un pizzico di sale
per la glassa:
400 gr formaggio fresco spalmabile*
250 gr zucchero a velo
1 cucchiaio abbondante di vin santoSetacciate in una ciotola la farina, il sale, il bicarbonato e il lievito.
In un’altra ciotola mescolate la birra e il cacao, anch’esso setacciato.
Lavorate a crema il burro morbido con lo zucchero, poi aggiungete le uova una alla volta e infine unite, alternandoli, le polveri e la birra con il cacao.
Versate l’impasto in una teglia imburrata e cuocete per un’ora a 180°, facendo sempre la prova stecchino a fine cottura.
Preparate poi la glassa, semplicemente lavorando con una frusta i tre ingredienti – formaggio, zucchero a velo e vin santo – e spalmatela sulla torta una volta raffreddata.
Conservate la vostra spelt beer’n chocolate cake in frigo fino al momento di servirla.* Aggiornamento – importante!- del post: se volete ottenere una glassa densa da spalmare sopra la torta, come nelle foto, non utilizzate il Philadelfia ma altri tipi di formaggio – tipo Naturella o Esselunga, per dirne un paio che ho testato di persona. Con il Philadelfia la crema risulterà più liquida, a me è capitato e ho risolto dividendo la torta in tre e mettendo due strati di farcia all’interno e uno strato sottile di crema sopra. Il sapore ovviamente non ne ha risentito, ma l’aspetto della torta è risultato molto diverso da quello che vedete in foto.